Quando parlo di alimentazione intuitiva e di come dentro di noi esista una “saggezza” alimentare (sommersa dagli schemi comportamentali assorbiti negli anni), cito spesso uno studio di inizio Novecento svolto in un orfanotrofio che dimostra come bambini di neppure un anno di età abbiano saputo colmare i propri fabbisogni meglio di ognuno di noi.
Lo studio, condotto nel 1939 dalla dottoressa Clara Davis, ha voluto indagare i risultati dell’autoselezione di cibo da parte di 15 bambini tra i 6 e gli 11 mesi di età, dunque in età di svezzamento; all’inizio dello studio alcuni bambini erano sottopeso ed alcuni presentavano rachitismo, di cui uno in maniera grave. Lo studio durò 6 anni, raccogliendo i dati di circa 36000 pasti totali, nei quali venivano pesati gli alimenti prima e dopo di essere stati presentati ai bambini, così da poter risalire all’assunzione di ognuno, in termini di calorie e nutrienti.
Come si svolse il tutto?
La somministrazione dei pasti avveniva nel modo seguente: ai bambini venivano presentati diversi cibi (34 alimenti), tutti insieme ad ogni pasto della giornata, tal quali oppure cotti senza aggiunta di sale e da soli (non mixati in ricette particolari), e non veniva espressa approvazione in caso di accettazione del cibo od insistenza in caso di rifiuto, quindi lasciati completamente liberi di mangiare e/o servirsi da soli e/o mangiare con le mani, in base all’età e allo sviluppo; solo al bambino con grave rachitismo veniva offerto (ma non imposto) anche olio di pesce.

I bambini hanno creato diversi schemi di pasti, ognuno diverso dall’altro.
Cosa è emerso?
Per quanto riguarda la parte strettamente nutrizionale ognuno dei 15 bambini aveva assunto calorie e nutrienti nei range raccomandati da linee guida; solo i bambini che partivano da condizioni di sottopeso avevano mangiato di più; idem per le proteine, consumate inizialmente in maggior misura e poi a diminuire via via che crescendo cambiavano la composizione corporea e il fabbisogno energetico. Il bambino che aveva a disposizione olio di pesce lo aveva assunto diverse volte e in diverse quantità, smettendo però di assumerlo alla risoluzione della sua condizione di rachitismo. Al termine dello studio tutti i bambini erano normopeso, con una composizione corporea e una calcificazione ossea entrambe nella norma.
Per quanto riguarda lo sviluppo del gusto i 15 bambini hanno mostrato 15 differenti “schemi” di preferenze, creando diete tutte diverse tra loro, ma nessuna simile alle linee guida secondo cui l’alimentazione del bambino in svezzamento debba essere a base di latte, amidi e piccole quantità di frutta e proteine animali. Quando i bambini assaggiavano un alimento per la prima volta (e nella fase iniziale dello studio tutti i bambini hanno assunto con alta frequenza tutti gli alimenti) , mostravano espressioni di piacere o disgusto o indifferenza, ma a partire da quel primo assaggio ognuno di loro mostrava nel tempo di scegliere o non scegliere frequentemente un dato cibo, mostrando cosi lo sviluppo autonomo dei propri gusti. Certamente lo studio ha dei limiti perché essendo stati dati ai bambini solo alimenti non trasformati e mai mescolati tra loro, non sappiamo come sarebbe cambiato il gusto e la preferenza in tal caso.
Ad ogni modo lo studio ha dimostrato come, messi nelle condizioni di avere cibo a disposizione e sceglierlo liberamente come in natura farebbe un animale o un primitivo, i bambini hanno saputo creare la loro dieta completa in termini calorici e di micro e macro nutrienti.
Crediamo ancora, quindi, di non poter coltivare questa saggezza?
È una ricerca non facile né tanto meno immediata, ma è la chiave per poter uscire dalla schiavitù delle diete nel senso restrittivo del termine.
Per questo ho inserito questo aspetto tra i pilastri del mio metodo che ho chiamato #LaTuaDietaSostenibile